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Attualità | 28 gennaio 2021, 12:01

Vax Trust, l'Università scende in campo per combattere la diffidenza della gente nei confronti dei vaccini

Il rettore Geuna: "Dobbiamo restituire fiducia nei confronti della ricerca e della scienza: i timori c'erano già prima del Covid". Siliquini: "Abbiamo dato per scontata la consapevolezza nella popolazione, mentre si diffondevano teorie senza fondamento, soprattutto tramite i social"

Infermiere alle prese con un vaccino da inserire in una siringa

Si chiama Vax Trust il progetto pensato per combattere la diffidenza verso i vaccini

In principio erano i No Vax, movimento di pensiero (alimentato dal Web e non solo) che si opponevano alla somministrazione dei vaccini, soprattutto sui bambini, anche se all'epoca si parlava dei vaccini - per così dire - "tradizionali" e quindi ormai consolidati. Ma se la vicenda era già esplosa in tutta la sua complessità, oggi che siamo di fronte a una pandemia e che i rimedi sono messi in campo contro il temibile Covid-19, ecco che la posta in palio diventa ancora più elevata.

Ed ecco perché anche l'Università di Torino decide di scendere in campo, con un programma ribattezzato "Vax-trust", nuova iniziativa di ricerca di UniTo, finanziato dai fondi europei di Horizon 2020 e dedicato allo studio dell’esitazione di genitori e professionisti della salute nei confronti dei vaccini per l’infanzia.

"Il progetto era nato già prima della pandemia che stiamo vivendo e non ha come obiettivo specifico i vaccini contro il Coronavirus - dice Stefano Geuna, rettore dell’Università di Torino - ma siamo partiti da quelli per l'infanzia, partendo da dubbi e perplessità delle famiglie, in particolare su utilità, rischi e rapporto costi benefici. Un problema che esisteva già prima dell'emergenza Covid".

"Siamo ricercatori, scienziati ed educatori - aggiunge - e vogliamo riflettere anche sui percorsi di formazione per l'area sanitaria, per trasmettere maggiore fiducia della società nei confronti dei vaccini. Anche perché la ricerca scientifica non deve essere autoreferenziale, ma deve puntare a migliorare la vita di tutti noi".

I numeri di ricerche recenti, infatti, vedono il Piemonte sostanzialmente allineato ai dati nazionali, dunque con un tasso di vaccinazione infantile che non brilla, tanto che negli ultimi anni si è fatta fatica ad arrivare alla copertura del 95%. E sulla consapevolezza della categoria delle donne in gravidanza, solo l'80% delle future mamme erano propense alla vaccinazione.

Due, in particolare, i progetti che vedranno impegnato l'ateneo per i prossimi tre anni: uno studio della relazione fra personale sanitario e genitori, realizzato all'interno degli ambulatori pediatrici (e che in quei luoghi sarà studiata, a cura dello staff del professor Mario Cardano) e la sperimentazione di un insieme di innovazioni nel percorso di studi di laurea in Medicina e chirurgia, pensate per accrescere nei futuri medici le competenze vaccinali e quelle "relazionali" utili a contrastare la diffidenza delle persone verso i vaccini, diretto dalla professoressa Roberta Siliquini.

"Le finalità dello studio vogliono essere descrittive, ma anche operative - aggiunge Mario Cardano, docente di Sociologia della Salute - Dipartimento di Culture, Politica e Società -: vogliamo capire le ragioni di chi è esitante verso i vaccini, senza voler avere un atteggiamento critico. Ma vogliamo anche capire come poter contrastare convinzioni che possono essere sbagliate, sia per le vaccinazioni per l'infanzia, sia per le altre situazioni simili".

Un progetto che non sarà solo torinese o italiano, ma coinvolgerà anche atenei di Paesi come Finlandia, capofila del progetto, Belgio, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca e Regno Unito

"A partire dal 2011 la copertura vaccinale è molto calata, soprattutto per il morbillo o la Polio, rendendo le coperture decisamente a rischio, con valori limite - spiega Roberta Siliquini, docente di Igiene - Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche -. Per il morbillo si è scesi sotto il 90%, con casi in alcune regioni del 70-75% e che hanno originato epidemie di morbillo e addirittura alcuni decessi. Il problema, peraltro, era assolutamente condiviso anche in tutta Europa".

Ma cosa era successo? "Forse come comunità scientifica avevamo dato per scontato il grado di consapevolezza nella popolazione, abbinata alla ridotta percezione dei rischi legati alle malattie infettive e accompagnata dal diffondersi di teorie prive di qualunque fondamento, che con i social media hanno trovato più vigore". "E in questo nemmeno la scienza ci ha aiutato - prosegue - visto che su una rivista scientifica era stato pubblicato uno scritto che correlava i vaccini all'autismo. Una posizione poi smentita, il cui autore è stato anche espulso dalla comunità scientifica, ma che ha fatto più danni di tante notizie positive".

"Un paradosso che forse colpisce anche gli operatori sanitari: infatti risultano più propensi quelli che lavorano in terre in cui i virus sono più contagiosi e letali, rispetto a quelli in cui i rischi sono minori: non per nulla l'Italia è in coda alle classifiche fino al 2019 per la vaccinazione anti influenzale, arrivando a fatica al 20%. Tra gli stessi studenti di medicina c'è una scarsissima consapevolezza".

"Grazie all’eccellenza universitaria del Piemonte, l’Italia sarà rappresentata in Europa attraverso la partecipazione dei nostri ricercatori negli ambulatori pediatrici", ha commentato l’assessore all’Istruzione e Diritto allo studio universitario della Regione Piemonte, Elena Chiorino, in risposta all’annuncio da parte dell’Università di Torino dell’avvio dello studio triennale “Vax Trust”, vincitore di un bando Horizon 2020.

Massimiliano Sciullo

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