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Economia e lavoro | 29 gennaio 2021, 07:25

Battere il ferro si fa difficile: è caro, non caldo. A rischio 9960 imprese artigiane piemontesi

Le materie prime mostrano aumenti di presso che vanno dal 15 al 100%. Dutto (Confartigianato): "Le aziende rischiano di finire fuori dal mercato"

Scaffalature metalliche

Crisi per il settore artigiani dei metalli a causa dell'aumento dei prezzi delle materie prime

Battere il ferro finché è caldo è uno dei classici proverbi della cultura nazionale. Ma quando diventa caro, oltre che caldo, la questione si fa parecchio difficile. Ne sanno qualcosa le quasi diecimila aziende (9960 per la precisione) del settore artigiano piemontese, che si trovano a far fronte con rincari che vanno dal 15 al 100%.

In particolare, per il mondo della carpenteria meccanica e meccanica, si registrano impennate come quelle dell'acciaio Inox (+50/60 centesimi al chilo), quelle dei rottami al +100% (1,30 euro al chilo), ma anche acciaio al carbonio e comune/lamiere da cois (+50%), lamiera da treno (+40%), acciaio a carbonio (+12-15%), acciai legati (+15-20%), alluminio (+15-20%) o bronzo (+0,40-0,50%).

"Queste variazioni di prezzo- dice Sebastiano Dutto, presidente Meccanica sub fornitura di Confartigianato Imprese Piemonte - rischiano di schiacciare le imprese e di farle uscire dal mercato”.

Soprattutto nelle ultime settimane, ai rincari si sommano anche ritardi nelle consegne: fenomeni che non riguardano solo gli acquisti all’ingrosso effettuati dalle aziende piemontesi, ma che interessano in maniera omogenea l’intero territorio nazionale. “Il trend rialzista è alimentato da più fattori - aggiunge Dutto -: il primo sicuramente è comune anche agli acciai al carbonio e vede un deciso rialzo delle quotazioni dei prodotti siderurgici a livello mondiale, in secondo luogo il nickel è risalito a 18.000 dollari/tonnellata, inoltre la disponibilità appare limitata, sia per la difficoltà nell’importazione sia per il disassortimento in filiera. Ciò ha portato, oltre che ad un allungamento delle consegne, ai rincari da parte delle acciaierie, rincari ribaltati solo in parte ai clienti finali, inoltre, seguendo i forti rialzi i fornitori che hanno in magazzino la merce preferiscono posticipare la vendita”.

Come se non bastasse, a rincarare la dose ci si è messo anche il dazio imposto nell’ottobre del 2020 dall’Unione Europea, tra i cui firmatari compare anche l’Italia - conclude Dutto -. La decisione europea di limitare l’importazione dalla Cina dell’acciaio inossidabile al 5-6%, assoggettando a dazio del 25% le importazioni superiori, costituisce certamente un freno alle importazioni e conseguentemente un calo delle riserve di mercato e quindi un ulteriore aumento del prezzo”.

M.Sci

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