Sanità - 23 agosto 2025, 08:00

Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

I consigli di nutrigenomica di Simona Oberto

Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

Nello scorso articolo vi ho parlato di consapevolezza e dell’importanza di imparare a cercare dentro di voi la soluzione per riuscire a superare una situazione difficile o a risolvere un problema che vi sembra insormontabile. 

Vi ho parlato dell’importanza di disimparare abitudini mentali e fisiche limitanti, distruttive e improduttive e avere il coraggio di scegliere solo ciò che vi fa stare veramente bene, guardando gli eventi esterni con una nuova prospettiva, dando loro un significato diverso. 

Vi ho detto che questo succede perché quasi sempre siamo i primi a “sabotarci” con le nostre convinzioni sbagliate. Ignorando le nostre risorse e punti di forza, molto spesso, ci facciamo guidare dalle parti ostacolanti, attribuendo la responsabilità dei nostri insuccessi agli altri e alla cattiva sorte. Oggi vi dico che la maggior parte della responsabilità è da attribuire alla nostra difficoltà a trasformare l’intenzione in azione. Molte persone sono armate di buone intenzioni e propositi, ma faticano a concretizzare. Vi saranno sicuramente note queste espressioni: “E’ più facile a dirsi che a farsi”; “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”; “A parole siamo tutti bravi”, perchè c’è differenza tra l’intenzione di fare qualcosa e farla. Certo! 

Le parole hanno un peso importante, possono esaltare, offendere, ammaliare, convincere, incuriosire. Con le parole esprimiamo concetti, pensieri, propositi, progetti più o meno comprensibili, interessanti o realizzabili. Le parole possono farci innamorare o illuderci e ferirci profondamente.

Possono influenzarci e istruirci, mostrarci la soluzione o indicarci il percorso giusto, ma pensate veramente che vedere elencati tutti i passaggi per la costruzione di un oggetto vi garantirà la capacità di realizzarlo? La conoscenza, limitata alla teoria, può indicarci la soluzione, ma è poi la pratica, l’allenamento e soprattutto la nostra capacità di metterci in gioco e di agire efficacemente che può portarci all’obbiettivo desiderato. Insomma, la conoscenza teorica è senza dubbio importante: serve ad accrescere la propria autostima; a far colpo sugli altri e ad arricchire il proprio “curriculum vitae”. Nessuno può negarlo, è utile, ma da sola non basta, perché, da sola, non produce i cambiamenti sperati.

Cosa ci permette di passare dalla teoria della conoscenza alla pratica dell’azione? La volontà. Lei è il “ponte”. Del resto si dice: “Volere è potere”. E questa è una verità che può portarci al cambiamento costruttivo, finalizzato al conseguimento dell’obbiettivo. La partenza obbligata è fare chiarezza di intenti: “Cosa voglio raggiungere? E’ realizzabile? Come mi devo organizzare? Su chi posso contare? Quali sono i mei punti di forza? Quanto è forte la mia motivazione?”. 

Poi, è fondamentale l’allenamento mentale: dobbiamo “allenare” la mente all'autonomia di giudizio, al processo creativo, alla consapevolezza delle proprie capacità, alla duttilità e alla flessibilità, disdegnando la “chiusura mentale”. Questo è un passaggio molto importante. Bisogna imparare le “misure pratiche” da attuare per costruire e mantenere la nostra stabilità; creare gli scudi personali efficaci; entrare in contatto con la saggezza naturale del nostro corpo e diventare “direttori” delle nostre vite. La chiarezza di intenti, un buon allenamento mentale e la volontà, insieme, costituiscono una strategia vincente e ci offrono una vasta gamma di nuove possibilità per realizzarci e migliorare. Non esistono limiti a ciò che possiamo fare, i limiti ce li poniamo da soli. 

Ci creiamo i problemi, soprattutto con il nostro atteggiamento mentale negativo e poco creativo, arroccati come siamo sulle nostre convinzioni e imprigionati nei nostri rigidi schemi mentali. I “problemi” non esistono, ma è la mente dell'uomo che li crea. 

Quando una situazione comincia ad apparirci problematica? Quando capiamo di non averla più in pugno perchè comincia a sfuggire al nostro controllo; quando i compiti che ci richiede sembrano diventare impossibili; quando in poche parole pensiamo di non essere in grado di risolverla. Ed è proprio questa “insicurezza mentale” che ci ostacola di più nella risoluzione del problema. Non conosciamo la soluzione e questo, anziché stimolarci, ci spaventa, ci irrita, ci stressa! A questo punto, è molto importante sottolineare che non è mai la circostanza in sé a provocare lo stress, ma lo è sempre il nostro atteggiamento nell'affrontarla.

Proviamo ad esempio ad immaginare di dover sostenere un importante colloquio di lavoro, dal cui esito dipende non solo il nostro benessere, ma anche quello della nostra famiglia. Ebbene, il suo superamento è sì legato al nostro grado di preparazione e al nostro curriculum, ma sarà determinante anche l'atteggiamento mentale che adotteremo e la disposizione d'animo con cui andremo ad affrontarlo. 

Se lo percepiremo come un ostacolo, avremo buone probabilità di non superarlo, al contrario, se avremo un atteggiamento propositivo e creativo, le possibilità di riuscirci aumenteranno. Ma la cosa importante è che non percepiremo una eventuale respinta come una “sconfitta”, ma come una sfida, uno stimolo per riprovarci, magari con maggiore impegno o modificando l’approccio. 

Quindi, il problema non è il colloquio in sé, perché, se così fosse, non ci sarebbero persone in grado di affrontarlo con una lucida concentrazione e altre, viceversa, sopraffatte dall'ansia, insicure e confuse. Di fronte alla stessa situazione tutti avrebbero la stessa reazione! Ma non è così: la circostanza è la stessa, tanto per quelli che mantengono la calma che per quelli che si fanno prendere dal panico, ciò che cambia è il nostro atteggiamento mentale, il nostro modo di percepirla e di viverla. In poche parole, la stessa cosa può essere subita o padroneggiata! 

Tutto dipende dalla nostra condizione mentale e da quanto la percepiamo “stressante”. Nei miei seminari di Coaching parlo di come “risolvere un problema”, individuando ed eliminando le parti ostacolanti, elaborando strategie giuste in diversi ambiti: dalla sfera sociale a quella familiare, dall'ambito lavorativo a quello educativo, compreso quello della salute. La mente deve essere allenata ad analizzare la situazione problematica e ad escogitare una procedura e una soluzione che saranno sempre soggettive, perché ciò che è semplice ed efficace per Marco può non esserlo per Anna. 

Molte volte, nelle mie conferenze, sottolineo l’importanza di non limitarsi alla soluzione teorica, letta su un testo, di non affidarsi a formule risolutive preconfezionate, ma occorre cercare soluzioni “ex novo, ad personam” tramite un processo cognitivo, libero da schemi mentali e impostazioni programmate. Secondo molti psicologi “programmare la vita”, anziché lasciare che sia essa stessa a determinare il proprio processo, rappresenta una forma di “presunzione”, di “arroganza mentale”, che spinge l'uomo a sentirsi superiore e quindi padrone di “forzare” il proprio destino anche a discapito delle esigenze altrui.

E' vero ci sono momenti in cui cercare di prevedere le cose e seguire un programma già definito può essere utile, ma questo deve rappresentare un'eccezione, non una regola. Limitarci a schemi e clichè limiterà anche la nostra crescita mentale! Vi sembrerà assurdo, ma per darci una mano contro questa “arroganza” spesso il destino bussa alla nostra porta, imponendosi attraverso malattie, conflitti interiori o incidenti, andando a sconvolgere la nostra “impostazione esistenziale”. L'uomo dovrebbe seguire queste “perturbazioni” e non temerle, dovrebbe vederle per quello che sono: cambiamenti difficili, a volte, molto dolorosi che potrebbero consentire la nascita di nuove modalità di coscienza e di nuove opportunità. Perché è proprio in quei momenti che tutto cambia! Come direbbe il mio maestro spirituale: “Tutto il mondo si ferma, proprio per permettere il cambiamento e raggiungere la tanto anelata guarigione dell’animo”.

Il cambiamento è indispensabile e fondamentale per la risoluzione di qualsiasi problema. L'intero processo richiede soprattutto creatività, quella stessa che induce una persona ad interessarsi per qualcosa, che ci porta a pensare in modo produttivo e divergente, che “scioglie” la nostra rigidità mentale e che ci permette una visione olistica, aprendoci tutte le porte dell'apprendimento, del dialogo e della comunicazione. Parliamo della creatività che trasforma il nostro pensiero positivo in propositivo e quindi, grazie alla volontà, in azione. Quella creatività che ci permette, individuato il problema, di formularlo in modo pratico e non teorico, perché, come sosteneva Einstein,: “...la formulazione di un problema è spesso più importante della soluzione stessa.” 

Solo raggiunta questa consapevolezza il solutore sarà in grado di trasformare e ristrutturare i rapporti tra gli elementi, riorganizzandoli in un'ottica nuova fino a trovare la “chiave di lettura” che potrà condurre alla soluzione. Ma ci rendiamo conto delle potenzialità che potremmo sfruttare, sviluppando una mente simile! E invece molte persone sono guidate da un interesse “egoico”, rivolto solo ed esclusivamente al loro corpo fisico che nutrono, quasi sempre in eccesso, viziano, senza motivo, ammalano e rattoppano alla bene meglio, facendosi trascinare per lo più dalle emozioni e dai desideri incontrollati in modo eccessivo e controproducente. La mente è come il motore di un'automobile e solo il suo perfetto funzionamento ne permette un regolare movimento. Come una macchina, necessità di una costante manutenzione e di un utilizzo oculato e assennato. 

Quando la mente ha la “marcia ingranata” veniamo trasportati dalla sua forza irruenta, perché essa lavora instancabilmente, macina pensieri, buoni e cattivi, uno dietro l'altro, senza fermarsi mai. Per questo motivo a volte avrebbe bisogno di essere acquietata, addestrata e guidata con la giusta accortezza. Nel prossimo articolo parleremo di alcune strategie per imparare a passare dall’intenzione all’azione, finalizzata al conseguimento di un obiettivo.

Redazione

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